L'educazione dovrebbe comprendere un insegnamento primario e universale che verta sulla condizione umana. Siamo nell'era planetaria; un'avventura travolge gli umani, ovunque essi siano: devono indipendentemente dalla loro provenienza riconoscersi nella loro comune umanità, e nello stesso tempo devono riconoscere la loro diversità individuale e culturale.
La necessità di un'etica della convivenza che favorisca il controllo e lo scambio tra le culture, è divenuta ineludibile. L'impatto troppo immediato con civiltà diverse portatrici di concezioni del mondo molto differenti a quella occidentale, genera insicurezza e alimenta profondi conflitti interiori. La reazione negativa costituisce spesso una forma di difesa dinanzi a una grande condizione di fluidità che mette seriamente a repentaglio l'identità soggettiva e collettiva. Con-vivere in un luogo fisico e mentale multiculturale significa misurarsi costantemente con una nuova etica-sociale con lo scopo di:
facilitare soprattutto attraverso l'educazione, un pensiero privo di sistemi di pregiudizio. L'Occidente ha infatti coltivato a lungo la pretesa che la propria cultura fosse quella vera e che perciò la visione del mondo e dell'uomo in essa contenuta dovesse ritenersi migliore. Da una visione etnocentrica fondata sulla difesa, è necessario spostarsi a una visione nuova che sappia cogliere un modello di meticciato che è parte costitutiva di ogni persona e di ogni popolo;
non omologare. La cultura di massa è una cultura indifferenziata, che tende a omologare la vita secondo standard di consumo destituiti di pregnanza simbolica e di forza aggregante. In questo senso è necessario rivedere il concetto di cultura e sostituirlo con quello di culture migranti;
gestire i conflitti. Una nuova etica sociale deve sviluppare nelle persone la capacità di stare dentro i conflitti senza demonizzarli; deve concorrere alla loro rielaborazione positiva, trasformandoli in occasione positiva per la ricerca di nuove forme più allargate di comunione;
infine dare fiducia, avere speranza. In principio vi era la gioia non la
disperazione, la benedizione non la maledizione. La coscienza e la
conoscenza diventano imparentate.
L'etica rimane problematica, cioè pone un problema che dà da pensare.
( E.Moren)
Giuseppe Malpeli- Università Modena-Reggio Emilia